Jérôme Maurand

 

Jérôme Maurand

Conosciamo parecchio sulle visite che viaggiatori europei di buona cultura hanno riservato alla nostra terra, soprattutto a far inizio dal cosiddetto Grand Tour, periodo nel quale si sono susseguiti fior di visitatori, che hanno lasciato nelle proprie opere letterarie tracce vistose di ciò che hanno osservato sia nei luoghi che nelle popolazioni. Ma quanti, affatto pungolati dal desiderio di ammirare le terre del sud ponendo mente in particolare ai miti della Magna Grecia e di altri trascorsi storici non vi si sono trovati per motivi contingenti e ne hanno approfittato per lasciare su carta le loro considerazioni?

Tra questi ultimi si offre il prete Jérôme Maurand, vicario d’Antibes, che vi è pervenuto nel 1544 con la galea Reale al comando del capitano francese Polin in missione diplomatica a Costantinopoli presso Solimano il Magnifico. Vi svolgeva il ruolo di cappellano. Polin o Paulin, come pure era chiamato, si configurava Antoine Escalin des Aimars (La Garde Adhémar1498-1578), che in quella capitale ha svolto le funzioni di ambasciatore tra 1541 e 1547. In effetti, è stato il negoziatore dell’alleanza franco-ottomana.

Insignito altresì del grado di generale delle galere, alla fine è stato onorato come Barone de La Garde. Si è trovato coinvolto in vari conflitti e anche in qualche crudele eccidio 1.

Apprendiamo tutto sul conto del Maurand e sulle sue peripezie dall’Itineraire da lui scritto e conservato nella Bibliothéque Inguimbertine di Carpentras e da quanto riproposto da Leon Dorez 2. Tale, con testo italiano e francese, è apparso la prima volta nel 1900, ma è stato corretto e riedito l’anno successivo a Parigi dall’editore Ernest Leroux.

Quegli, del seno di una famiglia che contava già al principio del XIV secolo, nato ad Antibes nel 1499 circa, appare presente sino al 1579. Sarebbe deceduto perciò ottantenne. Era il 23 maggio del 1544 quando capitan Polin e le sue navi hanno abbandonato il porto di Marsiglia e si sono unite alla flotta ottomana al comando di Kaireddin Barbarossa avendo come meta le prode turche.

Avanti di arrivare in prossimità delle Eolie l’armata barbaresca ha recato offesa alle coste che via via incontrava e i francesi hanno dovuto mostrare buon viso a cattiva sorte. D’altronde si trattava di un potente alleato, cui non ci si poteva opporre. In attesa di portarsi in Calabria l’obiettivo è stato rappresentato dalle dette isole, dove si è fatto gran danno. In esse si è stati attivi in larga scala al rastrellamento degli abitanti onde condurli schiavi in Oriente per ricavarne denaro sonante. È noto a riguardo il così indicato sacco di Lipari 3.

Appena i francesi hanno messo piede a Volcanello, anche Maurand ha voluto portarvisi e unitamente al segretario del Sig. Jehan de Grannoble e mestre Ihean le Philosofe, ottenutone il permesso, quel 2 di luglio ha compiuto la scalata del monte dove «procedeno quelli fumi perpetui che vomita la boccha in la sommità».

Lasciamo all’intraprendente cappellano la narrazione dell’impresa: «Questo monte nel ascendere è ratto più che altramente; unde che nel montar bisogna montar in quatro piedi, et metendo il piede in su le cenere congelate, credendo far uno passo inanti, se ne fa doy in drieto, Et per essere io stato recentemente amalato, et tra il caldo di la stagion dil locho et la difficultà dil montare non possendo la faticha tolerare, per doe volte me convenete restar chomo morto; et per l’adjuto di li fidi compagni, riasumpte le corporee forse, al desiato fine di la somità et dove esie il fumo dil monte gionsi».

A dire di certi Liparoti, in seguito a imponenti emissioni di fuoco che hanno interessato oltre Vulcano pure Lipari, tutte le donne dell’isola «vottarono che se Idio per la sua misericordia li gardava di tanto periculo, non beverebeno may vino et sempre andarebeno li pedi nudi et obtenuta la gratia, le done hanno observato sempre il votto, non beveno may vino et sempre vano scalce».

Dopo aver conquistato i centri abitati, innanzitutto Lipari e Vulcano e imprigionato tanta gente, che è stata recata sulle navi per ridurla in schiavitù, ecco le rive della Calabria. L’armata, il 14 giugno «intro nel faro e passo tra silla e caride / silla stava a noi per grego». Staccatasi dal Faro, è transitata davanti a Messina portandosi «a presso de la cità di Regio, in uno loco chiamato le Bandelle». Il giorno seguente il capitano francese «con le v.e galere andò donar fondo inanti il portal de la cità di Regio, ove è il fonte, et quivi cenò et levò aqua per le galere, et poy ha fatto ritorno ale Bandelle».  Nello stesso giorno i Turchi «fecero il bassarro de li cristianj presi in Lipari al porto di la Catona in Calabria 4».

Verosimilmente si tratta di bazar, mercato, quindi fa d’uopo arguire che hanno condotto i prigionieri in un posto dove potevano essere venduti. Infatti, in prosieguo vi sono giunti i Messinesi per trattare circa la liberazione dietro versamento di denaro e parecchi quintali di biscotto.
Il termine Bandelle è sconosciuto. È di certo uno storpiamento del toponimo esatto, Gabelle.

Poiché storie e cronache danno avvenuto lo sbarco alla rada di Calamizzi, si tratta proprio della via delle Gabelle. Infatti, il Trasselli, che si è occupato di Reggio nel ‘500 setacciando gli atti notarili coevi, in un atto ha rilevato «la via delle Gabelle verso Calamizzi» 5.

All’epoca il porto di Reggio si localizzava proprio nella rada di Calamizzi ed è stato negletto dopo che pochi anni appresso, il 16 dicembre 1562, la Punta di Calamizzi è sprofondata in acqua. La via delle Gabelle riflette peraltro l’odierno rione Sbarre, che dal Calopinace si porta fino al fiume di Sant’Agata. Il termine Sbarre è in relazione al posto di blocco, cui dovevano sottoporsi persone e merci giunte maggiormente via mare e di conseguenza pagare le imposte richieste, ovvero le gabelle. A tal proposito segnaliamo in nota un acuto studio sul toponimo di Franco Mosino, che fa ragione di tante illazioni campate in aria 6.

Il 18, due ore avanti il giorno, i francesi si sono allontanati dalle Bandelle 7. Dopo aver doppiato il capo di Reggio, quindi Calamizzi, si sono imbattuti in Salah Rais con 30 galere e 5 navi. La Reale vi si è accostata e Polin ha avuto abboccamento con il capo turco. Aggiuntasi una galiota (galeotta) affidata da quest’ultimo, il viaggio è ripreso inverso Capo Spartivento.

Qui si continua facendo cenno all’incendio di Reggio dell’anno precedente procurato dallo stesso Barbarossa: «Riegio è una anticha cità ne la riva di Far’ di la parte di Calabria; è anchora tuta brusiata di l’anno passato che il fu per il signor Bassan Barbarossa venendo in Provenza con l’armata da Sua Cristianissima Maestà». L’episodio è quello offerto in cronache e documentazioni e risulta riferito soprattutto nella nota Cronaca del Politi 8. Poiché il testo non c’è nel manoscritto originale occorre arguire che sia stato inserito da chi ha provveduto alla sua pubblicazione.

Al capo Spartivento i francesi hanno gettato l’ancora e sostato per attendere l’arrivo della galiota turca, che navigava di conserva. Dopo averla avvistata, riavvio della spedizione con nuova meta Bianco a scopo di rifare acqua, azione che è avvenuta nelle vicinanze d’una torre vocata Rondella. Data la struttura circolare come in disegno, potrebbe trattarsi di Ro(to)ndella? Ma in merito non ci sono appigli di sorta.

Partitisi da Bianco, sono entrati nell’Adriatico proseguendo verso Nord. Ma avevano avanzato di cento miglia nel Golfo che un’orribile tempesta di mare e vento dal Nord ha lacerato e rotto le vele della galera Reale, mentre una fregata, in pericolo di affondare, è stata lasciata al suo destino.

Giorno 21 il convoglio è giunto all’isola di Cefalonia dopo essersi imbattuto in una nave veneziana, che ha continuato per la sua via senza alcuna aggressione. Non è stato così nell’isola di Xante (Zante), dove in successione a scontro con altra consimile nave una «lanterna piena de scaglie» è caduta sulla Reale ferendo alquanti forzati e marinai. Arrivati con una barca a fare riverenza all’ambasciatore francese, il patron, ch’era un gentiluomo di casa Pisani e lo scrivano sono stati rimproverati aspramente per quanto operato.

Ben accolti dal comandante del forte e rifocillati del necessario, il naviglio è sfilato davanti alla città di Arcadia situata nei pressi del monte Olimpo. Nel diverso girovagare fra le tante isole, interessanti i cenni sull’antica Troia e relativo territorio, il 10 agosto le navi francesi sono pervenute finalmente «a la famosa, imperiale et grandissima cità di Costantinopoli».

Dopo circa un mesetto di permanenza in suolo ottomano, finalmente l’8 di settembre è suonata la diana del ritorno in Francia. Ma l’Itinerario si rivela tutt’altro. Portatisi in direzione dell’Africa si è proceduto di costa in costa e al giorno 22 è segnalato il passaggio «sopra il capo Taulana in Sardegna», di sicuro il capo Teulada. L’1 ottobre erano ormai a Tolone e appresso a Marsiglia. Si concludeva così un’avventura durata ben quattro mesi.

 


Note:

1 - YANN BOUVIER, Antoine-Escalin Des Aimars (1498?-1578)-Le parcours d’un ambassadeur de François Ier, Recherches Regionales des Alpes Maritimes, 2007, n. 188, pp. 74-102.
2 - YANN BOUVIER, Recits de voyage et representation de l’espace. La Mediterranee de Hierosme Mauran (1500?-1580?), un espace vecu, Universitè de Nice Sophia-Antipolis Memoire de master en Histoire Moderne, Nice Imprimerie Corep, 2007, passim; Leon Dorez (1864-1922), francese, è stato Bibliotecario della Biblioteca Nazionale e autore d’importanti studi. L’autore riporta per intero le tavole originali del manoscritto del Maurand.
3 - Interessante in merito lo studio di Giuseppe Restifo, Il “sacco di Lipari” (1544), www.academia.edu.
4 - È incorso in un grave errore il Dorez, che a proposito di Catona ha così chiosato: «è oggi una frazione del Comune d’Ascea, a 90 km. Circa da Salerno» (p. 137 n. 6).
5 - CARMELO TRASSELLI, La vita a Reggio Calabria ai tempi di Carlo V, Edizioni Parallelo 38, Reggio Calabria 1975, p. 98.
6 - FRANCO MOSINO, Tipografia medievale a Reggio/Sbarre, “Calabria Sconosciuta”, a. XXI, n. 80, ottobre-dicembre 1998, pp. 53-54.
7 - In origine aveva sempre vergato Bandinelle, ma il termine risulta sempre rettificato in Bandelle.
8 - Cronica della Nobile Fedelissima Città di Reggio composta da Marcantonio Politi della detta Città Filosofo, e Medico, in Messina, Appresso Pietro Bres. MDCXVII, pp. 57-58.
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