L’ECUBA DI MANFROCE AL FESTIVAL DELLA VAL D’ITRIA

Madreterra Magazine Palmi

L'ECUBA DI MANFROCE

AL FESTIVAL DELLA VAL D'ITRIA

di Domenico Giannetta

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L’ECUBA DI MANFROCE AL FESTIVAL DELLA VALLE D’ITRIA

 


La sera del 13 dicembre 1812, in pieno Decennio francese, le scene del Teatro San Carlo di Napoli videro il debutto della tragedia lirica in tre atti «Ecuba», con musica di Nicola Antonio Manfroce (1791-1813). Nonostante il successo clamoroso, testimoniato dalle cronache del tempo, l’opera sparì presto dalle scene, e dovette aspettare la fine del XX secolo per essere riproposta in teatro. Le ragioni del precoce oblìo di una partitura che presentava tratti decisamente moderni, se non addirittura anticipatori del futuro stile rossiniano, che avrebbero dovuto ragionevolmente agevolarne la diffusione in tutti i teatri della penisola, furono molteplici: la scomparsa precoce del compositore, avvenuta nel luglio dell’anno seguente ad appena 22 anni; la concomitante esplosione del genio rossiniano, che nel giro di pochissimi anni rivoluzionò per sempre il modo in cui veniva percepito uno spettacolo operistico; ma soprattutto i rivolgimenti politici, con la caduta di Napoleone (e di Murat a Napoli), che portarono al precoce accantonamento di una partitura che rappresentava il manifesto culturale della classe politica che l’aveva commissionata.
L’occasione del bicentenario della nascita del compositore favorì, nel 1990, il ritorno di «Ecuba» sulle scene, con due allestimenti avvenuti a Savona e a Cosenza (curati rispettivamente da Massimo de Bernart e Davide Summaria). Nel 2012, le imminenti celebrazioni del bicentenario della morte portarono invece il Dott. Gargano a suggerirmi di curare una trascrizione e revisione completa e definitiva della partitura. Dopo aver completato il lavoro, negli anni seguenti mi sono battuto con ostinazione per poter pubblicare, oltre duecento anni dopo la sua composizione, la prima edizione assoluta della partitura, colmando finalmente una lacuna francamente inspiegabile, tanto più alla luce dell’oggettiva rilevanza storica dell’opera, riconosciuta da tutti gli esperti del settore. I miei sforzi sono stati coronati da successo nel 2017, con la nascita della collana editoriale del Conservatorio di Vibo Valentia dedicata al compositore calabrese, che conta al momento sei numeri già pubblicati e a disposizione degli studiosi interessati.
Che la mia idea di pubblicare la revisione dell’opera fosse lungimirante è stato dimostrato appena un anno dopo, nel 2018, quando Alberto Triola – il Direttore artistico del Festival della Valle d’Itria di Martina Franca che da anni aveva in mente di proporre un allestimento di «Ecuba», ma era frenato dalla mancata disponibilità di un’edizione della partitura – mi ha contattato chiedendomi se avesse potuto far affidamento sull’edizione da me curata. L’opera è stata quindi programmata come spettacolo di punta della 45a edizione del Festival, suscitando l’immediato interesse degli addetti ai lavori, testimoniato dal significativo numero di testate specializzate italiane e straniere che hanno inviato in Puglia un proprio inviato per recensire lo spettacolo. Un altro segnale inequivocabile in tal senso è stato offerto dalla RAI, che per la prima volta nella storia inviava le proprie telecamere a Martina Franca per riprendere, e successivamente tras-mettere su Rai5, un’opera rappresentata in un festival che, da sempre, è specializzato nel recupero di tesori del passato ingiustamente dimenticati.
L’allestimento di Martina Franca nasceva sotto i migliori auspici, potendo contare sulla regia di un maestro del calibro di Pier Luigi Pizzi, la direzione e concertazione di Fabio Luisi e la voce di Carmela Remigio. Alcune coincidenze sfortunate hanno portato, nei giorni immediatamente precedenti il debutto (fissato per il 30 luglio 2019), all’improvviso forfait di Luisi (sostituito comunque dall’ottima direzione di Sesto Quatrini) e soprattutto del soprano (bloccata da una raucedine proprio la sera prima dello spettacolo, ma magnificamente sostituita dalla quasi debuttante Lidia Fridman). Nonostante gli imprevisti, lo spettacolo nel suo complesso non ne ha risentito più di tanto, e ha consentito al numeroso pubblico presente, o collegato in diretta radiofonica europea, di poter finalmente apprezzare l’originalissimo stile musicale di Nicola Manfroce.

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