ALAN LOMAX di Federica Legato

Madreterra Magazine Palmi

ALAN LOMAX

VIAGGIO IN CALABRIA

di Federica Legato

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GENTE DI CALABRIA di Chiara Ortuso
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GENTE DI CALABRIA di Chiara Ortuso

 

“Una comunità può avere una tradizione limitata soltanto a una o due melodie, ma sa esattamente come debbano essere cantate”.

 

GENTE DI CALABRIA di Chiara Ortuso

Sono le parole di Alan Lomax (1915-2002) etnomusicologo e antropologo americano, che negli anni 1954-55 compì uno straordinario viaggio in Italia, un “vagabondaggio organizzato” – di cui ci restano oltre 50 ore di registrazioni sonore, mille fotografie, appunti, note e lettere – raggiungendo e attraversando le profondità dell’entroterra calabrese.
L’Italia è una terra dalle molte voci, alcune aspre e dolenti, altre estremamente arcaiche: nessuna corrisponde alla nostra idea della bella arte della canzone. Eppure in ogni regione sono giunti fino al nostro tempo un sentimento antico, una cultura locale della bellezza”.
La moderna etnomusicologia è concorde nel ritenere che “lo stile di canto simboleggia e rinforza certi aspetti importanti della struttura del gruppo: cantare è un’arte specializzata della comunicazione che esprime profondi contenuti sociali” (Tullia Magrini, “Universi sonori”, 2002).

Nella nostra regione, Lomax trovò un mondo fatto di voci e canti, dialetto e poesia: la canzone è parte integrante della vita degli uomini, dei pescatori e dei contadini, dei lunghi viaggi a piedi, dei momenti di festa ma anche tra i gesti della quotidianità.
Calabria, anni Cinquanta: “Un tempo mitico. Nessuno di noi sospettava che quel mondo – fatto di musiche, canti, povertà, gioia, disperazione, costumi, violenza, consuetudini, ingiustizie, amore, dialetto, poesia – che era cresciuto e s’era formato nel corso di millenni, di lì a due anni sarebbe stato spazzato via, ucciso violentemente dalle macchine, dal boom economico, dalla grande emigrazione, dalla superstizione del progresso”. (De Seta: “Con Diego” in Goffredo Plastino: “Le immagini e i suoni”, 1992).

Dal 25 luglio al 6 agosto 1954, Lomax e Diego Carpitella (reggino, assistente alla direzione del Centro Nazionale di Studi sulla Musica Popolare – Cnsmp), provenienti dalla Sicilia, trascorrono una dozzina di giorni a registrare, fotografare e incontrare gente di Calabria: Scilla, Melia, Bagnara, Cardeto, Giffone, Mammola, Cinquefrondi, Vibo Marina, Nicastro, Feroleto Antico, Serrastretta, le tappe principali, prima di proseguire verso la Puglia.

GENTE DI CALABRIA di Chiara Ortuso

I migliori cantori dell’Italia del Sud usano un attacco vocale teso, a volte perfino strangolato, molto simile a quello dell’Africa del Nord (…) L’espressione sui volti di questi cantori è tesa e dolorosa. Non sembrano cantare, ma gridare e lamentarsi come abbandonati a un’angoscia che dà tormento e le ciglia sono aggrottate, i muscoli facciali sono tesi all’altezza degli zigomi, il volto ed il collo sono arrossati per la tensione, le vene ed i muscoli del collo sono in rilievo, come se invece di cantare stessero sollevando dei pesi. Possono intonare i loro accordi solo urlando così: quando chiesi loro di ripetere un verso a bassa voce, l’armonia andò in pezzi e non riuscirono a ricordare la melodia”.

Molte canzoni meridionali per bambini sono ninne nanne. A Sud queste melodie sono lente, piene di un’ineffabile tristezza (…)”. Mentre “le giovani donne” che “non hanno il permesso di uscire con i ragazzi, di danzare con loro, di sedere con loro in salotto, e neanche di parlarci per strada, le ragazze, tutte, cantano durante il lavoro. Tutte le canzoni sono d’amore e le loro voci squillanti, alte si sentono da lontano, attraverso gli oliveti, e dicono ai ragazzi che passano di lì: siamo qui, stiamo pensando a voi”.

 

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Le registrazioni di Lomax furono impiegate spesso a sua insaputa. “Nello spettacolo teatrale di Dario Fo “Ci ragiono e canto” del 1966, alcune registrazioni di Lomax e Carpitella, tra cui una ninna nanna di Bagnara, sono rielaborate nello stile folk revival italiano di quegli anni. Il brano “Spring no more and love come in the wind” di Fabio Orsi (My Cat is an alien, For Alan Lomax, CD A Silent Place ASP 10, 2006), che include una registrazione fatta a Scilla il 25 luglio 1954, trae ispirazione proprio dal lavoro di Lomax. E poi c’è la famosa colonna sonora del Decameron di Pier Paolo Pasolini.

Tra altri numerosi pezzi usati dal poeta, come la Zeza di Mercogliano, a volte arrangiati da Ennio Morricone, per pochi secondi occupano il commento musicale dell’episodio di commare Gemmàta (terza propaggine della storia-cornice) due frammenti di tarantelle registrate a Cardeto e Melia (provenienti dal disco Tradition Records Music and Song of Italy, TLP 1030, 1958)”.

Uno dei nomi più importanti del Cinema internazionale, Martin Scorsese, di origini italiane meridionali, da sempre orgoglioso delle proprie radici, così commenta l’opera di Lomax:

Sono sempre stato attratto dalle immagini dell’Italia di un tempo. Fa parte di una mia eredità privata, che devo alle relazioni con mio padre e mia madre, con le mie zie e i miei zii, con i miei nonni. Quello era il mondo dal quale provenivano. Dopotutto, è il mondo dal quale provengo anch’io […] Il modo in cui Alan Lomax abbraccia le diverse realtà italiane, i paesaggi e la gente è sincero, non è scontato né predeterminato. Lo si sente nelle sue parole e nelle sue fotografie […] Si sente la sua gratitudine e la sua gioia per essere stato in grado di vagare tra tante magnifiche culture locali, antiche eppure intensamente vive”.
Martin Scorsese
New York City

 

 

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